L’intervista – Federica Cucchi, risvegliata dal coma

Federica Cucchi, autrice del libro Testimoni di un Risveglio, è finita in coma a soli 24 anni a causa di un’embolia polmonare.

In un’intervista esclusiva per Toscana News ci racconta quei drammatici attimi e la sua vita dopo il risveglio.

A 24 anni sei finita in coma a seguito di un embolia che ti ha portato in arresto cardiaco quattro volte in poco più di un’ora. Nel tuo libro scrivi “non mi ricordo niente di quel maledetto 18/3/2011, né tanto meno dei giorni precedenti a quando mi sono sentita male, fatto insolito per me che invece mi ricordo di tutto!”. Quel diciotto marzo tu sei praticamente morta, sei stata rianimata dai medici. Davvero non ricordi nulla di quel momento? Qual è l’ultimo ricordo che hai? Non mi ricordo niente, prendevo una sorta di pasticca che mi aiutava a ricordare ma l’ho interrotta perché mi faceva ricordare troppo  di quando mi sono sentita male e non sono ancora “mentalmente”pronta. Sembra un controsenso ma è così! – Scusi dott.ssa Chiaramonti! –

L’ultimo ricordo che ho prima della “magica medicina”, come la chiamava mia mamma, sono io sdraiata sul divano di casa di mia nonna con la mia amica Daisy (c’è nel libro un suo pezzo) che mi chiede se sto bene.Invece con la “magica medicina” mi sono ricordata io che vado alle macchinette,appoggio il caffè, poi vado in bagno. Da lì vuoto totale fino all’ ambulanza per Bologna.

Quando ti sei risvegliata, hai capito cosa ti era successo?

Subito subito no. Mi sembrava di essere come in un mondo a parte, ero come in una piscina (come in Braccialetti rossi) con mio zio e mie cugini e poi fuori c’era un campo da calcio; il portiere (sì ho anche giocato a calcio ruolo: portiere!) le parava tutte. Quando hanno segnato, mi sono tuffata e mi sono risvegliata. Poi mi hanno raccontato cosa mi era successo, con calma, a piccole dosi, senza fretta.

La lunga degenza, la riabilitazione, mesi tra ospedali e centri di riabilitazione, poi la lenta ripresa. Quali sono stati i momenti più duri?

Sicuramente quando mi sono risvegliata. Notte e giorno piangevo perché mi si stavano accorciando i tendini.

E le tue più grandi vittorie?

Quando ho detto la prima parola dopo 3 mesi e 2 giorni esatti dall’embolia. È stata NONNA! Mi ricordo ancora il momento: era lunedì  20 giugno 2011, il sabato erano venuti gli sbandieratori a fare uno spettacolo per il Par Tot (un grande evento bolognese) e io sorridente come non mai li ho guardati, mi sono detta: «voglio tornare a fare quello che più mi piace!». Così mi sono rimboccata le maniche: da quel momento è tutto in discesa (tranne le piccole salite che ho incontrato, incontro e incontrerò ma questa è la vita). Mi sono inoltre iscritta con una mia amica Simona a un gruppo di tifosi, gli “Scoglionati viola”e con loro qualche volta vado allo stadio: ci ritornerò in primavera quando fa più caldo. Ho poi scritto un libro con i miei amici del Assca (associazione celebrolesioni acquisite); anzi se qualche editore è in lettura…

Molto toccanti le testimonianze dei tuoi genitori: tuo padre scrive “è stata la tua forze e il tuo coraggio a dare quello che a me sarebbe mancato”. Tua madre ha tenuto un commovente diario dove ha descritto ogni tua miglioramento e regresso, per ogni giorno che sei stata in coma, tra speranza e disperazione. Un evento del genere ti ha in qualche modo fatto riscoprire l’amore puro e incondizionato dei tuoi genitori?Federica Cucchi (2)

L’amore dei miei è sempre stato nel mio cuore e se qualche volta non gliel’ho dimostrato, mi scuso ma in cuor loro sanno che avranno sempre un posto.

Nel libro, la vera coprotagonista della storia, è tua nonna Rosanna. Sempre presente, dalla prefazione al racconto del risveglio (“Mi sono risvegliata una mattina che mi facevano fisioterapia e mia nonna è entrata in stanza e io ho fatto il ‘labbrino’ come per piangere, così tutte le infermiere sono scappate via perché si erano commosse”), dalla sua lettera sino alle testimonianze del personale della Casa dei Risvegli…

Non posso dire altro che le voglio un bene dell’anima, potrei morire per lei.

Cosa ti manca della vita prima del 18 marzo 2011?

Tutto. Dal lavoro, agli sbandieratori, a guidare la macchina, ad avere un ragazzo,a scrivere e parlare bene. Ma a proposito di quest’ultima cosa, vorrei sottolineare come ho imparato a vivere pacificamente la mia nuova vita: le prime volte che non mi capivano, me la prendevo; ora non mi fa più nessun effetto è un problema loro, io ci metto tutta la buona volontà… affari loro se non mi capiscono!

Nel libro parli della vita dopo il coma quasi come di una rinascita. Cosa hai riscoperto?

Il dono della vita è strano, quando stiamo bene non ci pensiamo a cosa potrebbe succederci: da qui a un secondo potrebbe essere il nostro ultimo istante sulla terra.

I tuoi prossimi obiettivi?

Sono tanti! In primis farò una mostra fotografica collettiva con una mia amica: si chiamerà Esplora Risorse. Poi voglio diventare più autosufficiente nel parlare e nel muovermi e voglio anche diventare cintura nera di Karate (per ora sono gialla). Poi scrivere meglio e quando avrò raggiunto questo faticoso obiettivo, iscrivermi a scienze infermieristiche per diventare infermiera del Meyer. Oppure diventare talmente brava con le foto che queste si ripagano da sole.

Un messaggio per i tuoi coetanei?

Non mi sento di dirvi NON lo fate, perché se è destino che accada accadrà comunque che facciate oppure no!

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