Barcellona sempre più distante da Madrid. Un nuovo Stato d’Europa all’orizzonte?

Si allarga il fronte indipendentista dopo le elezioni del 25 novembre. L’80% del Parlamento catalano vuole il referendum subito

BARCELLONA – Non vince CiU, ma vince la Catalogna. Il popolo catalano, tornato alle urne per la volontà di dominio assoluto del presidente della Generalitat Artur Mas, non ha premiato il partito del premier targato CiU, ma ha comunque dato un importante “la” al processo di secessione di Barcellona. Su 135 seggi, i partiti indipendentisti (CiU, Erc, Icv-Euia e Cup) guadagnano ben 87 parlamentari (64,5%), gli autonomisti non indipententisti, ma pro-referendum, del Partito Socialista Catalano 20 (14,8%) contro i 28 (20,7%) degli “unionisti spagnoli” (Pp e Ciutadanos). Il tutto condito da un altro dato molto importante: alle urne si è presentato ben il 70,85% degli aventi diritto, ben il 12% in più rispetto a due anni fa.
Rispetto al precedente Governo, i partiti spagnolisti hanno guadagnato 7 seggi (il Pp ne guadagna 1, ma Ciutadanos ne prende 6), il Psc ne ha persi 8, mentre i vari partiti indipendentisti ne hanno guadagnati 1 (CiU -12, Erc +11, Icv-Euia +3, Cup +3, scompare Solidaritat che ne aveva 4).

DIFFIDA A CIU – Le elezioni di ieri hanno, comunque, dato un duro colpo agli indipendentisti di centrodestra. CiU, infatti, ha perso 12 seggi, passando da 62 a 50, a pro di Esquerra Republicana de Catalunya che raddoppia i propri rappresentanti. Segno, questo, che il popolo catalano non vuole tergiversare, bensì passare immediatamente alla fase B, ossia il referendum per l’indipendenza.

ERC DETTA LA LINEA – Infatti, Esquerra Republicana, per mezzo del proprio leader Oriol Junqueras, ha già chiesto a CiU di rompere ogni tipo di accordo col Partito Popular del premier spagnolo Mariano Rajoy nella Provincia di Barcellona e nei comuni dove governano insieme. In più, Erc pretende che Artur Mas non faccia ulteriori tagli alla spesa sociale nella Finanziaria 2013. Il tutto finalizzato a sostenere un’agenda di obiettivi minimi con CiU che includa soprattutto la convocazione della consultazione referendaria per il futuro della Catalogna che, oggi più di ieri, appare sempre più lontano da Madrid.

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