Bana Haffar – Matiere (Make Noise Records, 2018)

unnamed-1Ora ci addentriamo nel meraviglioso mondo dei sintetizzatori modulari, ovvero il sintetizzatore prima di essere il sintetizzatore che credevamo di conoscere. Diciamo che è un po’ come la differenza tra linux e un qualunque altro sistema operativo con interfaccia grafica. Noi clicchiamo su un’icona, si apre il programma e così via. Clicchi di qua, clicchi di là e il gioco è fatto. Poi c’è il sistema Linux: lo schermo è nero e, a meno che voi non immettiate delle stringhe di codici, non succede un bel nulla, e quindi avrete un bel daffare, altro che clic. Il sistema andrà esclusivamente se si innescano i giusti “meccanismi” con i giusti codici. Ecco, adesso prendete un sintetizzatore con tastiera (la stessa che ha anche il piano, coi tasti neri e bianchi) e immaginate che quella sia la sua interfaccia, e di fatti sappiamo che al tasto “del do”, corrisponde il tono della nota “do”, e così via. Ma supponiamo che voi quella tastiera non ce l’abbiate, che la pressione del dito su un tasto non basti per generare dei suoni, come si fa? Ecco, il linguaggio musicale senza interfaccia è quello dei modulari. Tutto un gioco di attacca e stacca cavi in mono che si collegano ad altri moduli che vanno conosciuti prima di essere domati. Coloro che suonano questo tipo di strumenti sono amanti della tecnologia, ma paradossalmente, di una vecchia tecnologia, che riesce a distanziarsi dal normale concetto di tecnologia che è quello di “evoluzione” di “progresso”, concetti che non hanno a che fare assolutamente nulla con il mondo di questi artisti che fanno musica con questi moduli elettronici fatti di manopole (in alcuni casi anche tasti che, a seconda della pressione, modulano il suono), ingressi e uscite, nulla di più, ognuno che ha specifiche funzioni (chi genera suoni, chi li modifica, chi dà ambiente, che lo spezzetta, chi modifica l’onda, ecc). Ecco, tra i più importanti marchi di queste diavolerie troviamo la Make Noise che ha inaugurato la sua etichetta discografica scegliendo alcuni dei più autorevoli baluardi di questa tecnica, che suonano i modulari da loro prodotti. Ed è la volta della musicista Bana Haffar che, con un intero modulo, propone il solito patch ma con due variazioni . In sostanza, imposta il suo macchinario in due maniere diverse che, nonostante suonino differentemente, hanno un humus comune. Già dai titoli vediamo la divisione, un po’ come bianco e nero, fuori/dentro, luce/buio; Exo/Endo. Il solito patch viene così declinato nelle sue due facce: un EP che sa di sperimentazione, di opera come unicum, da prendere come una moneta a due facce che mostra, da una parte, la spigolosità dei sequencer, e dall’altra la fluidità dei droni in continua modulazione.
Insomma, Matiere è quello che viene identificato con questo nome: materia plasmabile nelle più svariate possibilità. L’elettronica non è mai stata così concreta.

Riccardo Gorone

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