Certificazione di genere, i passi avanti in Toscana

Il tema della certificazione della parità di genere nelle aziende, insieme a quello dei fondi europei che possono contribuire alla riduzione del divario tra i generi. Ruota attorno ai temi del lavoro la giornata di oggi della Toscana delle Donne con l’appuntamento della mattina a Palazzo Strozzi Sacrati di “Donne , certificazione al femminile” e nel pomeriggio alla Baker Hughes di Firenze dove è ospitata la seconda parte della giornata per raccontare l’esperienza di questa azienda e delle altre imprese in materia di welfare aziendale.

“Anche grazie al forte input venuto dall’Unione Europea – ha sottolineato nel suo intervento Cristina Manetti, capo di gabinetto della Regione e ideatrice della Toscana delle Donne – la certificazione di genere sta facendo passi avanti. Il percorso è avviato e mette le donne nelle condizioni di avere il giusto ruolo all’interno delle aziende, consentendo loro di conciliare la vita privata con quella lavorativa, di redistribuire il carico di cura verso i figli, gli anziani, i fragili. Dobbiamo liberare le donne per permettere loro di fare scelte diverse e svolgere ruoli apicali. La certificazione apre a questo che è già realtà in alcune aziende, ma che è ancora all’inizio per tante altre. La Baker Hughes ne è un esempio, ma non è la sola. La donna, teniamolo ben presente, è una risorsa  che può cambiare e migliorare il bilancio di un’azienda”.

La mattinata, moderata dal giornalista Luca Telese, si è articolata in due momenti: nella prima parte gli interventi di carattere istituzionale ed informativo sull’attuale condizione femminile in Toscana, con la presentazione del rapporto Irpet sulla condizione femminile e sulle iniziative promosse e sostenute dalla Regione Toscana tramite i fondi europei a sostegno della parità di genere.

Nella seconda parte è stato sviluppato l’approfondimento tematico sulla certificazione di genere con la diretta testimonianza di imprese che l’hanno ottenuta. I lavori sono stati conclusi dall’assessora Alessandra Nardini. Sono poi intervenute, fra gli altri, Natalia Faraoni di Irpet, Elena Calistri e Filippo Giabbani dell’Autorità di gestione fondi europei, Vittoria Doretti responsabile della rete regionale Codice Rosa, la presidente della commissione regionale Pari opportunità Francesca Basanieri, la consigliera regionale di parità Maria Grazia Maestrelli, rappresentanti delle imprese che hanno ottenuto certificazione di genere (Gucci, Ruffino, Ambiente Spa, Ineos manufacturing Spa).

Per quanto riguarda il rapporto Irpet sulla condizione femminile, quest’anno il rapporto va ad indagare sulle differenze interne al mondo femminile attraverso una serie di indicatori statistici andando a fare poi un’analisi degli indicatori di mercato del lavoro dal punto di vista del genere.
Numerosi i dati. Come spiega Natalia Faraoni “nei divari di genere fra uomo e donna pesano ancora i più bassi tassi di occupazione femminile, la segregazione  orizzontale  cioè la concentrazione delle donne in pochi settori di attività che sono quelli anche meno retribuiti: l’insegnante, l’infermiera, la segretaria, la commessa. Difficoltà delle donne  a rivestire posizioni apicali e il tempo di cura, quel lavoro non retribuito che sta sulle spalle delle donne”.

Sebbene la Toscana registri (nel 2022) un tasso di occupazione femminile (62,1%) significativamente maggiore di quello italiano (52,6%), la partecipazione delle donne al mercato del lavoro  è ancora distante dal dato UE (69,3%). Il dato medio nazionale nasconde purtroppo il forte ritardo del Mezzogiorno, dove quote elevatissime di donne (in alcune regioni anche il 60%) non partecipano proprio al mercato del lavoro regolare. La Toscana si affianca, da questo punto di vista, alle regioni del Centro-Nord con tassi di attività e di occupazione più alti, anche se non ancora equiparabili a quelli maschili. Sempre in Toscana, il differenziale tra tasso di occupazione maschile e femminile (12%) e conti-nuano altresì a persistere i maggiori differenziali tipici del divario di genere: soprattutto guardando ai settori di attività̀, alle retribuzioni, al tipo di contratto, alle carriere. Le donne lavoratrici presentano carriere più intermittenti, quote più elevate di contratte part-time e sono con-centrate nei settori e nelle professioni con più basse retribuzioni medie.
Tali divari persistono nonostante le donne, in particolare le più giovani, abbiano livelli d’istruzione mediamente più elevati dei loro coetanei uomini.

Il programma Fse+ 2021-2027 ha destinato 36 milioni di euro per interventi specificamente dedicati alle donne, articolati in varie linee: per incentivare azioni innovative a sostegno del welfare aziendale (15 milioni), percorsi di sostegno all’occupazione femminile (11 milioni), azioni di mainstreaming (9,3 milioni) e di mentoring (700mila euro).

Se l’Fse costituisce la principale leva finanziaria e programmatica, la Toscana può contare anche su altri strumenti a favore delle donne: dal Piano di sviluppo rurale al Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) per arrivare al Programma Italia Francia Marittimo. In questi programmi, pur non essendo previste misure o bandi specifici, è forte l’attenzione posta alla specificità e al ruolo delle donne.

I fondi strutturali europei, insieme alle risorse regionali e alle nuove risorse che stanno arrivando e arriveranno dal Pnrr, saranno centrali per programmare azioni finalizzate a raggiungere reali pari opportunità in tutti gli ambiti, dal potenziamento delle politiche educative e del welfare, anche favorire una più equa distribuzione del tempo di cura all’interno delle coppie. La Toscana promuovere una cultura di parità e rispetto e per destrutturare gli stereotipi di genere, obiettivo inserito anche nelle linee guida dei Pez, i Progetti educativi zonali finanziati da Regione Toscana, che è azione centrale nelle misure previste con il rifinanziamento della legge 16/2009 ‘Cittadinanza di genere’.

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